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2022-08-20 04:37:21 By : Ms. Sophia Woo

L’accelerazione di un mezzo avviene se, in ogni istante, la coppia prodotta dal motore supera quella resistente delle ruote, che dipende da fattori di carico, attrito e resistenza aerodinamica che sono variabili nel tempo. Per questo motivo non è conveniente collegare direttamente il motore ad un albero che muova le ruote: non è possibile trovare un rapporto di accoppiamento ottimale in ogni situazione.

Nasce quindi il cambio di velocità: un dispositivo che permette di scegliere tra più rapporti di trasmissione del moto alle ruote e quindi di variare, a parità di giri del motore, i giri al minuto compiuti dalle ruote. È possibile demoltiplicare il rapporto di trasmissione (ridurre i giri delle ruote) in situazioni di carico o partenza che richiedono basse velocità e permettono al motore di muovere le ruote con poco sforzo. Mentre in condizioni più stabili ad alta velocità occorre meno potenza per muovere il veicolo che si trova già in movimento ed è quindi possibile diminuire la demoltiplicazione e avvicinare i giri delle ruote a quelli del motore.

Il cambio è costituito da una scatola in alluminio contenente olio lubrificante e due alberi in acciaio: un albero primario che si infila nel mozzo del disco frizione per una estremità e un albero secondario che, uscendo dal cambio, si collega al resto della trasmissione. Sull’albero primario si trovano degli ingranaggi fissi che trasmettono il moto dalla frizione, mentre sull’albero secondario ci sono ingranaggi mobili che possono scorrere per calettarsi con quelli dell’albero primario. L’accoppiamento tra due ingranaggi si chiama marcia o rapporto.

Nei primi modelli di cambio, detti non sincronizzati, l’innesto era comandato da leve provviste di una forcella che si infilava lateralmente nell’ingranaggio, dove si trovava il selettore, un anello sagomato in modo da lasciarsi circondare dai denti della forcella. La leva azionata agiva in modo da spostare l’ingranaggio sull’albero secondario fino ad accoppiarlo con quello sull’albero primario. Gli ingranaggi presentavano denti dritti e il meccanismo di cambiata era azionato dalla leva del cambio, era anche possibile non calettare nessun ingranaggio e lasciare l’auto in folle.

Il problema principale di questo sistema è che, se al momento della cambiata, il numero di giri dell’albero primario differisce da quello dell’albero secondario l’ingranaggio mobile fatica ad ingranare e il cambio gratta provocando alla lunga usura. Per questo motivo nasce il moderno cambio sincronizzato, adottato per la prima volta dalla Cadillac nel 1929. In questo modello gli ingranaggi dell’albero secondario sono montati su cuscinetti e calettati in modo permanente in quelli dell’albero primario, ma se non vengono utilizzati girano a vuoto come se il cambio fosse in folle e non trasmettono moto all’albero. Gli ingranaggi sono a denti elicoidali per ridurre la rumorosità e renderne più stabile la rotazione. Ogni rapporto viene ingranato tramite un sincronizzatore in bronzo o lega di acciaio: esso è formato da due anelli concentrici montati sull’albero secondario, il più esterno dei quali si chiama manicotto d’innesto e prevede un settore dentato laterale che ingrana in un altro settore dentato sul lato dell’ingranaggio corrispondente. L’anello esterno del sincronizzatore è calettato nell’anello interno, che a sua volta è calettato nell’albero secondario in modo da far scorrere il dispositivo assialmente.

Il sincronizzatore viene azionato da una forcella che comanda due marce, quindi viene usato un meccanismo unico per due ingranaggi. La forcella, al momento di inserire la marcia, aggancia l’anello esterno e avvicina il sincronizzatore all’ingranaggio per far compenetrare i settori dentati: il moto si trasmette per attrito dal sincronizzatore all’ingranaggio.

Un discorso a parte va fatto sulla retromarcia, solitamente realizzata ad una sola velocità e molto bassa per ragioni di sicurezza. Tra i due ingranaggi responsabili della demoltiplicazione ne viene inserito un terzo per invertire la direzione di movimento ed essi vengono congiunti solo al momento di inserire la marcia tramite un pignone avvicinato da apposita leva. La retromarcia normalmente non è un rapporto sincronizzato perché la si ingrana a veicolo fermo e non è necessario un sincronizzatore: per questo motivo se inserita in movimento fa grattare il cambio. Inoltre i denti degli ingranaggi sono dritti come nei vecchi cambi e per questo motivo quando si procede a marcia indietro si sente un rumore diverso e più forte.

Il cambio permette di sfruttare pienamente le caratteristiche del veicolo anche per quanto riguarda l’alimentazione: i rapporti di un veicolo diesel ad esempio tendono ad essere allungati perché i suddetti motori girano a regimi massimi più bassi di quelli a benzina. In linea teorica, più rapporti ci sono più è facile sfruttare le caratteristiche del motore, ma va anche specificato che un cambio a elevato numero di rapporti è molto costoso, ingombrante e pesante: bisogna trovare il giusto compromesso tra prestazioni, costo e fruibilità.

Infine esistono diverse tipologie di cambio: manuale, semiautomatico o automatico.

Grandi novità in arrivo per il Consumer Eletronics Show di Los Angeles in programma dal 5 all’8 gennaio 2017, in particolare per quanto riguarda la Honda.

La casa giapponese ha infatti annunciato che durante la conferenza stampa di apertura presenterà un nuovo modello: la Honda neuV. Già da tempo il marchio ha deciso di impegnarsi per una mobilità più sostenibile, sia dal punto di vista dei propulsori elettrici che per la riduzione del traffico stradale, con l’obiettivo di introdurre le auto a guida automatica nelle autostrade americane entro il 2020.

Le tecnologie che la Honda intende impiegare vanno dalla leggerissima fibra di carbonio alla guida autonoma, in particolare per ottimizzare i piccoli spostamenti cittadini casa-lavoro.

La Honda neuV sarà tutto questo, ma anche di più. Stando alle prime indiscrezioni della casa infatti, la neuV sarà un’auto elettrica, dotata di guida autonoma e anche del nuovissimo sistema “Emotion engine”, una tecnologia di intelligenza artificiale sviluppata dalla Cocoro SB corp, che promette alle macchine di generare delle emozioni.

Come funziona questo sistema e come si applica all’esperienza di guida è ancora un segreto, non ci resta che aspettare i primi di gennaio per scoprirlo!

Il volano è un disco di acciaio che collega la frizione e l’albero motore, con lo scopo di trasmettere e regolarizzare la rotazione di quest’ultimo e consentire l’accoppiamento con la frizione. Il volano accumula la coppia in eccesso durante le fasi attive del motore (combustione/espansione) e la rilascia durante quelle passive, in modo da regolarizzare il funzionamento del motore. Inoltre sulla circonferenza del volano è presente una corona dentata su cui ingrana il pignone del motorino di avviamento.

Fino agli anni ’90, il volano è costituito da un unico disco di metallo pieno e il disco frizione è dotato di molle al suo interno in modo da assorbire le vibrazioni eccessive.

Con l’avvento di veicoli capaci di sviluppare coppie molto elevate (ad esempio i turbo-diesel common rail) si è reso necessario scomporre il volano in due parti poiché le vibrazioni, se scaricate sulla frizione, avrebbero portato alla rottura del disco. Questo in particolare sollevando di colpo la frizione a veicolo fermo e con motore a regime di coppia massima.

Nasce così il volano bimassa: una parte di esso avvitata alla flangia dell’albero motore (volano primario) e l’altra (volano secondario) su cui preme il disco frizione. Le due parti sono collegate da un piatto girevole che mantiene fissa la loro distanza e consente una rotazione fino a 60° l’una rispetto all’altra. Sul volano secondario sono posti dei denti che entrano in apposite cave ricavate sul volano primario in modo da trasmettere il moto dalla prima alla seconda parte del meccanismo: tra ogni dente e lato della cava viene posta una robusta molla curva che evita gli urti al collegamento con la trasmissione e attutisce i movimenti.

Il compito di smorzatore passa quindi dal disco frizione al volano bimassa permettendo una notevole riduzione delle vibrazioni e aumentando il confort di guida.

La diminuzione delle masse dovuta alla scomposizione del volano consente anche di limitare la risonanza meccanica del sistema di trasmissione abbassandola al di sotto del regime minimo di giri del motore (intorno ai 200/250 giri al minuto). Questo grazie al comportamento elastico delle molle che compensa l’inerzia della massa.

I vantaggi del volano bimassa sono quindi il maggiore confort di guida dato dalla diminuzione delle vibrazioni e dallo spostamento della frequenza di risonanza, mentre gli svantaggi comprendono principalmente il costo elevato e la maggiore delicatezza del sistema che tende a rompersi con più frequenza.

Questo veicolo prende il nome da uno dei più famosi e frequentati passi delle alpi italiane: lo Stelvio. A suscitare più interesse è la versione Quadrifoglio della gamma, con i suoi 510 cv di potenza abbinati al motore 2.9 l V6 BiTurbo, corredato di cambio automatico a 8 marce.

L’obiettivo è quello di un’auto dal carattere sportivo, come evidenziano le minigonne con l’inserto in carbonio, le prese d’aria anteriori per gli intercooler e i quattro terminali di scarico nella parte inferiore. Immancabile il trilobo frontale, segno distintivo della casa costruttrice.

Nella volontà di gestire al meglio le masse e i materiali, sono stati collocati in posizione più centrale possibile gli elementi di maggiore peso ed è stata impiegata la fibra di carbonio per l’albero di trasmissione e l’alluminio per motore, sospensioni, freni, porte, passaruota, cofano e portellone posteriore.

Il motore della Stelvio Quadrifoglio è realizzato completamente in alluminio e comprende un sistema di disattivazione dei cilindri per controllare i consumi senza intaccare le performance. Infatti il nuovo selettore Alfa DNA Pro consente di scegliere tra quattro opzioni per modificare le modalità di guida: Dynamic, Natural, Advanced Efficiency (per risparmiare sui consumi) e Race (per l’esperienza di guida più sportiva).

Il cambio automatico a 8 marce, che prevede anche palette in alluminio sul piantone dello sterzo, permette di cambiare con soli 150 millisecondi in modalità Race e di adeguare fluidità e confort in base alla scelta del selettore. È presente inoltre la frizione “lock up” per assicurare una forte ripresa dopo l’innesto della marcia ed evitare perdite di rendimento.

Sono diverse le soluzioni ad alto contenuto tecnologico impiegate nella progettazione della Stelvio Quadrifoglio, volte a fare dell’elettronica il miglior uso possibile.

In particolare troviamo la trazione integrale con sistema Q4 (già presente sulla Giulia Quadrifoglio), progettato con lo scopo di gestire il veicolo in tempo reale e ottimizzare prestazioni, efficienza e sicurezza. Esso prevede di poter gestire completamente la ripartizione di coppia tra gli assi anteriore e posteriore permettendo di passare da trazione integrale a posteriore in base alle condizioni e alla modalità di guida selezionata: Q4 grazie a dei sensori monitora costantemente diversi parametri riuscendo a prevedere perdite di aderenza e passare dalla trazione posteriore (adottata in condizioni normali) a quella integrale, trasferendo fino al 50% della coppia. Il sistema è formato da una scatola di rinvio attiva e un differenziale anteriore appositamente pensati per una rapida gestione di coppie elevate: velocità di risposta e precisione nella ripartizione di coppia sono selezionabili tramite la scelta della modalità di guida.

Per la prima volta al sistema Q4 è abbinata la tecnologia Torque Vectoring che, grazie alle due frizioni contenute nel differenziale posteriore, permette un controllo specifico sulla coppia trasmessa a ciascuna ruota. Questo è un grande vantaggio nelle situazioni di guida al limite per condurre l’auto in sicurezza.

Anche l’Integrated Brake System deriva direttamente dalla Giulia Quadrifoglio: è un sistema elettromeccanico che diminuisce la distanza di arresto combinando il tradizionale servofreno al controllo di stabilità. L’impianto frenante è realizzato con elementi in alluminio e dischi carbo-ceramici.

La sicurezza è assicurata anche per quanto riguarda le sospensioni con tecnologia AlfaLinkTM: per l’avantreno viene adottata la sospensione a doppio braccio oscillante che consente di sterzare in modo veloce e preciso gestendo accelerazioni laterali elevate e mantenendo costante l’impronta a terra dello pneumatico.Le prestazioni sono garantite da controlli elettronici che permettono di scegliere tra confort e sportività.

Tutta l’elettronica di bordo viene controllata dallo Chassis Domain Control, che adatta in ogni momento l’assetto della vettura sulla base dei parametri rilevati dai sensori e comunica alle centraline eventuali situazioni di pericolo.

Oltre alla Stelvio Quadrifoglio da 510 cv è stato anche confermato il 2.0 Turbo benzina da 280 cv: 4 cilindri con sistema di sovralimentazione e iniezione diretta con sistema ad alta pressione con lo scopo di garantire prontezza dell’acceleratore ed efficienza nei consumi.

Edizione super limitata di Automobili Lamborghini, presentata al Salone di Parigi del 2010 e prodotta in soli venti esemplari, tutti destinati alla pista. Il nome richiama il sesto elemento della tavola periodica, il carbonio, che consente all’auto di raggiungere il sorprendente peso di 999 kg.

La leggerissima e resistente fibra di carbonio infatti è presente nella carrozzeria, nella cellula dell’abitacolo e nei cerchi, oltre che nell’albero di trasmissione e nei bracci delle sospensioni.

Non solo leggera, ma anche potente: il motore V10 aspirato (lo stesso della Gallardo LP570-4 Superleggera) eroga infatti una potenza di 570 CV e una coppia di 540 Nm, raggiunge la velocità massima di 350 km/h e il suo rapporto peso/potenza (1.75 kg/CV) permette di raggiungere la velocità di 100 km/h in soli 2.5 secondi. Quest’ultimo dato la accomuna alla Bugatti Veyron, che nonostante ciò presenta una massa e una potenza pari al doppio della Sesto Elemento.

Un’auto quindi che preferisce alla ricerca della massima potenza la diminuzione del peso ottenendo risultati sorprendenti e che è stata definita dalla stessa casa costruttrice una “dimostrazione di tecnologia”, di quanto Lamborghini possa essere competitiva ed efficiente nella lavorazione e nell’impiego della fibra di carbonio.

Ridurre il peso è il nuovo punto di partenza per le auto sportive per contenere i consumi, le emissioni di CO2 e migliorare le performance. Uno dei punti di forza della fibra di carbonio è che permette di integrare più elementi in un unico blocco: la parte anteriore e posteriore della carrozzeria infatti sono rispettivamente modellati in un unico pezzo chiamato dagli ingegneri “cofango”, dall’unione di cofano e parafango. Questo è già stato fatto sulla Lamborghini Miura nel 1966, il cui retro è costituito da un’unica parte. Il “cofango” viene assemblato col resto della vettura tramite ganci facilmente removibili, che consentono un rapido smontaggio. Inoltre viene utilizzato il principio della monoscocca per cui il telaio è costituito da un pezzo unico in fibra di carbonio, caratteristica che conferisce alla vettura una elevata sicurezza in caso di urti, modellato grazie all’innovativa tecnologia “forged composite”, impiegata per la prima volta sulle automobili, che permette di ottenere il componente desiderato tramite un solo processo pressando il materiale in uno stampo; inoltre è applicato un metodo proveniente dall’industria tessile che prevede di intrecciare diagonalmente le fibre su differenti livelli.

Oltre ai materiali, al fine di alleggerire l’auto, Lamborghini ha optato per un minimalismo evidente negli interni come nelle rifiniture: ogni elemento è infatti indispensabile e ha una chiara funzione. Ad esempio le due strisce verticali presenti nella parte anteriore aumentano la robustezza della struttura e guidano l’aria direttamente al radiatore e ai freni per assicurare condizioni di funzionamento eccellenti anche in situazioni di gara impegnative: l’aria passa infatti attraverso due aperture triangolari sul cofano e delle prese sui pannelli laterali.

Sulla carrozzeria della Sesto Elemento è ben visibile il carbonio in quanto essa è stata rifinita con una verniciatura trasparente, ma non è solo nera: infatti durante la fase finale di lavorazione sono stati aggiunti cristalli rossi alle fibre grazie alle nano-tecnologie. L’auto acquisisce così un bagliore rosso e la superficie si rivela particolarmente robusta.

Le esperienze precedenti con la fibra di carbonio in Lamborghini sono diverse: a partire dal telaio per la Countach nel 1983 e proseguire con gran parte della Murcielago e il pannello che copre il motore della Gallardo.

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